Dal caffè al Far West: la violenza nella quotidianità

Qualche settimana fa, in zona Budrio (Riccardina) per un appuntamento, mi sono fermata al bar Gallo per un caffè.
Appena varcata la soglia sono stata invasa da quell’atmosfera da “bar di una volta”, dove al posto dello shottino puoi ancora farti un “cicchetto”, dove puoi giocare a carte senza fissare il display di uno smartphone, dove parli con le persone di politica, calcio e donne, alla faccia dei social network.

Quella sensazione per me sconosciuta di un luogo che assolve ancora alla funzione di aggregazione, di rapporti umani e di seconda casa che ho vissuto solo attraverso Pupi Avati e Stefano Benni.

Ho ordinato un caffè, l’ho bevuto, ho pagato e sono uscita, sempre con addosso gli occhi di quei pochi avventori che non possono fare a meno di notare un’estranea alla loro zona di comfort, catapultata in un piccolo bar di provincia direttamente dalla modernità.

Una modernità che, purtroppo, ieri sera è arrivata anche lì, nella forma peggiore, quella della violenza, dei delinquenti capaci di uccidere per pochi spiccioli: Davide Fabbri, il gestore 45enne, è stato freddato con un colpo d’arma da fuoco alla testa durante un tentativo di rapina.

E il mondo della politica, quella becera e populista si sta già scatenando, speculando su questa triste vicenda per promuovere una corsa collettiva alle armi che, oltre a far guadagnare qualche voto, dovrebbe servire a contrastare la criminalità dilagante.

Eppure la storia ci insegna che i problemi di una guerra non sono mai stati risolti con un’altra guerra e che sarebbe un errore fatale opporsi alla violenza illegittima con una violenza giustificata e considerata strumento necessario per ristabilire un’effimera giustizia, sacrificando valori, principi, ideali e integrità.

Restiamo umani.
La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci (Isaac Asimov).

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