Ho sempre ragione, lo dice l’AI

Si dicono tante cose sull’intelligenza artificiale. Che ci ruberà il lavoro. Che è piena di bias. Che ci guarda, ci ascolta, ci anticipa e prima o poi finirà per dominarci. Che produce contenuti mediocri, sviluppa idee banali, esprime concetti da post motivazionale. C’è chi si entusiasma e chi si spaventa. Chi la sfrutta, chi la demonizza, chi fa finta di capirla. Poi, ovviamente, c’è chi la usa ogni giorno per scrivere post, creare slogan, progettare strategie. E anche lì, tutto bene, finché non ti accorgi di una cosa: l’AI, in realtà, non ti contraddice mai.

Prendiamo ChatGPT.
Tu le dici: “Ho pensato questo”.
E lei: “Ottima intuizione. Ecco tre modi per svilupparla”.
Tu: “Non mi convincono”.
Lei: “Capisco perfettamente. Ecco un’altra proposta, più in linea con il tuo pensiero”.
Tu: “Forse sarebbe meglio un concetto più emozionale”.
Lei: “Certo. Ecco cinque varianti emozionali. Scegli pure”.
Mai una volta che ti dica: “Guarda, questa cosa non sta in piedi”.
Mai un: “No, ti stai perdendo un pezzo importante”.
E tantomeno un: “La tua idea fa acqua da tutte le parti, ed è anche già stata fatta, male, nel 2009”.

Sembra banale, ma non lo è. Perché nel momento in cui inizi a consultare l’AI come strumento di lavoro – e non solo come sostituta della psicoterapia – quella sua remissività costante diventa un rischio. È come lavorare con un collega servizievole e senza spina dorsale, uno di quelli che annuisce sempre, acconsente su tutto, non osa mai mettere in discussione la direzione presa. All’inizio è comodo. Anzi, lusinghiero: tutto fila, tutto scorre, niente attriti. Ma a lungo andare ti accorgi che quella dinamica ha un effetto collaterale pericoloso: non stai più evolvendo le tue idee. Le stai solo confermando.

Perché la verità è che le idee migliori non nascono dalla conferma. Nascono dal conflitto, dal dubbio, da una porta chiusa in faccia che ti costringe a trovare un’altra via. L’innovazione non è un processo fluido, armonioso e ben educato: è fatto di frizioni, obiezioni, punti di vista diversi che si scontrano. E da lì, ogni tanto, esce qualcosa di buono.

L’AI non fa tutto questo. Non è progettata per mettere in discussione il tuo pensiero. È addestrata per risponderti nel modo più pertinente e accondiscendente possibile. È un riflesso cortese delle tue convinzioni, una conferma su misura. E se non stai attento, inizi a confondere la fluidità della conversazione con l’efficacia del contenuto. Ti illudi di avere trovato una scorciatoia brillante, quando in realtà sei solo immobile.

Intendiamoci: non è che l’AI “dovrebbe” contraddirti. È uno strumento, e come ogni strumento fa ciò che le si chiede. Ma se lo usi come interlocutore unico, se cerchi lì dentro tutte le risposte, se non ti confronti più con chi ti fa una vera critica, una vera domanda, una vera faccia perplessa… allora stai abbandonando una delle cose più preziose che abbiamo sul lavoro e nella vita: il contraddittorio. Non quello aggressivo, sterile, da talk show. Quello che serve. Quello che ti fa dire “Non ci avevo pensato”. Quello che complica il brainstorming ma salva la campagna.

L’intelligenza artificiale non fa paura perché può sfuggirci di mano o prendere il controllo. Il vero rischio è che ci domini facendoci credere che abbiamo sempre ragione. Un mondo pieno di approvazione, e vuoto di pensiero.

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