Dozza: quando l’arte diventa social

L’Italia è piena di angoli suggestivi, scorci pittoreschi, piccoli gioielli incastonati fra le pieghe del paese più bello del mondo.

Spesso sono proprio dietro casa nostra ma noi, convinti esterofili, non li conosciamo nemmeno e non ci siamo mai presi il disturbo di andarli a visitare.

Ammetto di essere la capofila: nonostante gli ormai 5 anni di vita a Bologna, fino a ieri non ero mai stata a Dozza, borgo medievale di 6000 anime a circa 6 km da Imola.

Sorprendente e coloratissima, Dozza ha una caratteristica davvero unica: la maggior parte dei muri delle case sono dipinti, rendendo le caratteristiche vie del paese una sorta di museo a cielo aperto dove le opere d’arte diventano parte integrante dello spazio urbano, emergendo dai marciapiedi, insinuandosi tra i portici, abbracciando le finestre, arrampicandosi sui tetti.

I vicoli di Dozza cominciarono a prendere vita per iniziativa della pro loco che, nel 1960, organizzò la Biennale d’arte del Muro Dipinto: artisti provenienti da tutto il mondo utilizzarono le facciate delle case come una tela bianca sulla quale riversare fantasia e creatività, in un tripudio di forme e colori.

Perché ne sto parlando?
Perché Dozza, con questa semplice iniziativa, è riuscita a creare una versione “social” dell’arte classica, utilizzando lo spazio comune per un’esposizione permanente, gratuita e visitabile a qualunque ora che, abbattendo i recinti omologati della galleria tradizionale, cattura e coinvolge un pubblico più ampio ed eterogeneo.

In pratica ha reso l’arte davvero democratica, ha anticipato gli street artist moderni, da Banksy a Blu, ed è diventata virale 🙂

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