La condanna di Schettino e la stortura italiana

Una condanna a 16 anni, 32 vittime e quel “vada a bordo, cazzo!” che tutti ricordiamo.

Perché questa non è stata la storia di un incidente, è stata la storia della manovra scellerata di un comandante codardo che, dopo aver causato il naufragio di una nave con a bordo oltre 4000 persone, si è dato alla fuga su una scialuppa e ha assistito inerme dalla riva alla tragedia in corso, mentendo alla Capitaneria.

Nessuna condanna all’ergastolo per Schettino, perché si è esclusa l’aggravante della “colpa cosciente”: in pratica è stato dichiarato un imbecille, o un “incauto idiota”, come l’ha definito la Procura, trasformato in comandante scriteriato da un sistema distorto.

Ma è stata anche la storia di un ufficiale, Gregorio De Falco, responsabile del coordinamento dei soccorsi, che ha cercato di ricordargli i suoi compiti, di obbligarlo ad onorare la sua divisa e che, per questo, è stato definito “eroe”.

Altra stortura tipicamente italiana: un eroe perché faceva il proprio dovere quando, dall’altra parte, qualcuno era completamente indifferente alla responsabilità.

In seguito alla troppa esposizione mediatica, De Falco è stato estromesso dagli incarichi operativi e confinato in un ufficio amministrativo, fino alla decisione di lasciare la Capitaneria di porto di Livorno e passare alla marina militare, dove si occupa di demanio marittimo.
La sua fu una notorietà planetaria che mise in ombra altre persone, pestò qualche piede, suscitò parecchia invidia e, per questo, non fu gradita.
Perché “tutto è perdonabile in Italia, tranne il successo. Il successo è considerato un furto ai danni dei mediocri” (Michele Serra).

All’epoca dei fatti Jan Fleischhauer scrisse sul Der Spiegel:

Siamo sinceri: qualcuno si è meravigliato che il capitano coinvolto nella tragedia della Costa Concordia fosse italiano? Qualcuno riesce ad immaginare che un capitano tedesco o, meglio ancora, uno britannico avrebbero potuto compiere una tale manovra, comprensiva di omissione di soccorso?

Se è vero che gli stereotipi sulle nazioni sono un’idea antiquata, è anche vero che un’anomalia italiana esiste e che viviamo in un Paese privo di riferimenti corretti in cui troppo spesso le persone non rispondono del proprio ruolo e non si assumono le responsabilità che quel ruolo comporta, cimentandosi nell’antica pratica dello scaricabarile o affidandosi alla dietrologia del complotto.

Unica magra consolazione: a Schettino, in carcere, quantomeno passerà la voglia di fare “inchini”.

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