La rabbia social è cieca, ma distingue i colori

Vivo online, eppure non riesco ad abituarmi al livello becero della polemica social: tra legioni di imbecilli (Eco), webeti (Mentana) e moralisti della domenica (Gramellini), purtroppo la sensazione è che “Napalm51” non sia solo una macchietta di Crozza.

La nuova crociata che sacrifica l’intelligenza in nome del politically correct è scattata in seguito alla diffusione su Facebook di una normalissima campagna pubblicitaria.

I fattiNivea posta l’immagine di una ragazza in abito bianco, di spalle, con lo slogan “White is purity” (Il bianco è purezza), riferito ovviamente al vestito che non deve essere macchiato dal deodorante spray (“Keep it clean, keep bright. Don’t let anything ruin it”).

Tanto è bastato per diventare oggetto di un’accusa infamante, quella di pubblicità razzista e offensiva, manco si trattasse di uno spot nazista antisemita in favore della razza ariana.

Il risultatoNivea, dopo 2 giorni, ha ritirato la pubblicità e bloccato la campagna, con tante scuse: “La discriminazione deve essere esclusa in tutte le decisioni e in tutti i settori delle nostre attività. Siamo profondamente dispiaciuti per chiunque possa essersi sentito offeso”.

In un’epoca in cui Gianni Morandi non può fare la spesa di domenica, Carlo Conti è obbligato a devolvere ai terremotati parte del suo compenso per Sanremo e una trasmissione televisiva deve chiudere a causa di una lista satirica sulle fidanzate dell’est, l’unico barlume di residua sanità mentale arriva da Ferrero, che continua a utilizzare l’olio di palma e se ne frega della dittatura del consenso.

Ma la Mulino BIANCO farebbe davvero meglio a guardarsi le spalle.

Share Button