Covid-19: il fallimento della comunicazione

Mantieni il distanziamento sociale, ma abbraccia un cinese.
Riguardo l’emergenza Covid-19, ad oggi esistono solo 2 certezze: il fallimento della comunicazione del rischio e la crisi dell’autorevolezza delle istituzioni.

E’ mancata completamente un’informazione ufficiale univoca (dovuta anche alla compresenza di differenti agenzie di controllo: dall’Organizzazione Mondiale della Sanità al Ministero della Salute agli organi regionali e provinciali), sfociata in un susseguirsi di dichiarazioni schizofreniche e di provvedimenti altrettanto contraddittori, cui si sono aggiunte le divergenze interne alla comunità scientifica.

Un esempio per tutti: le giravolte indecorose relative alla questione mascherine.
Prima l’Oms dichiara che non hanno effetto se indossate da sole, poi il Ministero della sanità puntualizza che, in assenza di sintomi, non sono necessarie; Burioni chiarisce che chi sta bene non deve metterle, Ricciardi precisa che ai sani non servono a nulla, Borrelli dichiara che lui non ha intenzione di indossarle ma Fontana firma un’ordinanza che ne impone l’obbligo a chi esce di casa. Le mascherine però non si trovano, dunque precisa: “Ci si potrà coprire naso e bocca con semplici foulard e sciarpe”.
Che è un po’ come dire: hai finito i profilattici? Usa un calzino. E’ uguale.

Come ogni stato di crisi che si rispetti, la sospensione della normalità punta i riflettori sull’inettitudine di una classe politica improvvisata che, a corrente alternata, ha dichiarato un po’ di tutto, a seconda dell’umore generale e di quanto consenso poteva raccogliere adottando questa o quella posizione.
Un vero e proprio carnevale dell’epidemia, scandito dall’irresponsabilità: Zingaretti partecipa a un aperitivo sui Navigli e si becca il CoronaVirus, Fontana comunica al mondo che la Lombardia è infetta indossando una mascherina in diretta Facebook, Zaia crea un incidente diplomatico con la Cina affermando che i cinesi non si lavano e mangiano topi vivi e Salvini se ne va a spasso mano nella mano con la fidanzata giustificandosi poi con la necessità di fare la spesa, peraltro in una zona di Roma priva di negozi alimentari.
Se è vero che il Coronavirus colpisce i polmoni, non c’è dubbio che anche il cervello ne esca malconcio.

Al teatrino della comunicazione politica tocca aggiungere la totale inadeguatezza della terminologia normativa del nostro Paese, laddove per farsi capire al vasto pubblico occorrerebbero più che mai semplicità di linguaggio e chiarezza espositiva.
Si legge nel DPCM del primo aprile:
E’ consentito a tutti i soggetti in età evolutiva di poter svolgere attività motorie e ludiche all’aria aperta, ma sempre accompagnati da un familiare, nel rispetto del distanziamento sociale, con un rapporto adulto/minore di 1:1, a meno che non si tratti di fratelli o minori conviventi nella stessa abitazione. In questo caso il rapporto adulto/minore potrà essere 1:n (n = numero fratelli o conviventi).
Ne è seguita una circolare esplicativa, che ha lasciato il posto a una nota di precisazione, succeduta da un ulteriore chiarimento del Viminale, che in pratica ha vietato le passeggiate e basta.

E che dire della possibilità che avremo dal 4 maggio di visitare i “congiunti”, concetto poi ampliato in “affetti stabili”, che infine Sileri ha arbitrariamente esteso agli “amici, purché veri”, poi smentito da Palazzo Chigi? Con tanta solidarietà alle forze dell’ordine che dovranno approfondire la veridicità degli alberi genealogici e la solidità delle relazioni.

Ultimo aspetto, ma non meno importante, il consolidarsi di una duplice tempistica della comunicazione che, invertita nella priorità, sacrifica la lentezza istituzionale all’immediatezza del coinvolgimento, in un’esasperata ricerca del “like et nunc”: Conte, in un video su Facebook, anticipa i contenuti della conferenza stampa che terrà poche ore dopo, evidenziando il passaggio dalla rappresentanza alla rappresentazione, con buona pace del protocollo.

Non stupirebbe se, in questa pandemia comunicativa, anche quell’#AndràTuttoBene che tanto ci aveva incoraggiato all’inizio facesse la fine dell’altrettanto celebre, ma ben più beffardo, #StaiSereno.

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